Tra Iran, Italia ed Europa, l’arte di Shirin Eghbal attraversa confini geografici e spirituali, fluendo come l’acqua che guida la sua pittura. Nata a Tehran e laureata in Pittura Generale presso l’Università della capitale iraniana nel 2000, Shirin è un’artista visiva il cui lavoro racconta un dialogo costante tra tecnica e intuizione, cultura orientale e sensibilità contemporanea.

Il suo mezzo d’elezione è l’acquerello, scelto non solo per la sua delicatezza e immediatezza, ma per la sua capacità di farsi strumento di memoria e libertà. Ogni opera nasce dal bianco assoluto del foglio: uno spazio di silenzio da cui prende forma, attraverso il colore, un gesto spontaneo e profondamente intimo.

Shirin crea per trasmettere ciò che prova: emozioni, ricordi, riflessioni. Nei suoi quadri non cerca la narrazione, ma l’evocazione. Il suo lavoro è al tempo stesso personale e universale: una forma di comunicazione sottile che mira a toccare le corde interiori di chi osserva.

Artàporter ha avuto il piacere di intervistare l’artista per approfondire il suo percorso e la sua visione dell’arte.

 

Cosa rappresenta l’arte per te?

L’arte è l’essenza della mia espressione. Uno spazio di silenzio e verità, dove posso esprimermi senza compromessi. È un gesto interiore che nasce dall’ascolto profondo e diventa visione, segno, respiro.

Come e quando ti sei avvicinata all’arte?

Fin da bambina ho percepito il mondo in modo sensibile, attraverso forme, colori e atmosfere. Ho scelto di studiare arte all’università per dare corpo a quel sentimento. Da allora, dipingere è diventato un modo di essere nel mondo.

Qual è la tua maggiore fonte di ispirazione?

L’attimo prima del gesto. Il foglio bianco, la tensione tra acqua e colore, l’emozione che affiora e chiede di essere ascoltata. La natura – soprattutto quella sospesa e silenziosa – è sempre una guida, ma anche i vuoti interiori, le pause, sono per me fonte di creazione.

I riferimenti artistici e culturali che ti hanno maggiormente influenzato nel corso del tempo?

Sono stata profondamente influenzata dalla pittura orientale, in particolare giapponese e cinese, per il suo legame con la semplicità e la forza del gesto. Un’altra grande influenza è venuta dal mio lavoro di tesi sull’arte dei tappeti Gabbeh e Glim: forme create senza un disegno prestabilito, dove il fare è libero, diretto, intuitivo. Questo approccio istintivo alla composizione ha segnato profondamente il mio modo di dipingere.

Quali emozioni speri di suscitare negli osservatori delle tue opere?

Vorrei che le mie opere offrissero un momento di silenzio, uno spazio dove sentire. Un’emozione sottile, come una sospensione. Forse una nostalgia luminosa, o una tenerezza verso ciò che non si può afferrare.

C’è un messaggio particolare che cerchi di comunicare attraverso le tue opere?

Più che comunicare, cerco di creare una soglia. Un’apertura verso il non detto. Le mie opere sono inviti a rallentare, ad accogliere la bellezza effimera, a entrare in uno spazio dove tutto può trasformarsi senza essere definito.

Qual è il ruolo dell’imperfezione nella tua arte?

L’imperfezione è verità. Lavorando con l’acqua e il colore, nulla è completamente sotto controllo. Lascio che accada ciò che deve accadere. L’imperfezione, per me, è la parte viva, vulnerabile e quindi autentica del dipinto.

Negli ultimi mesi, Shirin Eghbal ha preso parte a numerose mostre collettive curate da Arteaportè, distinguendosi per la coerenza stilistica e l’intensità emotiva del suo segno. Ha esposto in “PASSIONe “BLACK AND WHITE” presso i Con/Temporary Spaces , “STREET CULTURE 2025”.
Più recentemente, ha partecipato alla prima esposizione collettiva di Arteaportè a Barcellona, conclusasi da pochi giorni, portando la sua arte e il suo sguardo poetico anche oltre i confini italiani.

Le sue opere sono inoltre disponibili per l’acquisto online sul nostro portale, dove è possibile scoprire la sua produzione artistica e lasciarsi ispirare dal suo universo cliccando qui!