Il titolo suona come uno slogan pubblicitario, una promessa ipnotica che echeggia nelle strategie delle grandi aziende: "Sei mio. Mi appartieni." Viviamo in un’epoca in cui il marketing non vende solo prodotti, ma desideri, identità, status. Le pubblicità, i social media, i brand costruiscono narrazioni che ci avvolgono, ci lusingano, ci conquistano.
Le gocce di rossetto che colano sul pavimento creano un senso di disfacimento, suggerendo l’effimero dietro ogni promessa perfetta. Il contrasto tra il gesto seducente e il vuoto che lo circonda amplifica il tema della manipolazione emotiva e visiva.
"You’re Mine" è un monito visivo: fino a che punto siamo disposti a lasciarci sedurre? Quanto di ciò che desideriamo è veramente nostro, e quanto è stato abilmente costruito per farcelo volere?

















